di Ingrid Vernice

Ilaria Bellomo, classe ’97, è una designer e artista che si dedica allo studio del noir. La sua è una ricerca profonda, spirituale, materica che la porta ad esplorare il suo lato più intimo e misterioso in rappresentanza di una coscienza collettiva.

Una prima vita da designer del suo brand omonimo e sostenibile, fatto di pezzi vintage upcycled, mescolati ad antiche tecniche di tessitura; la seconda da designer d’interni con arredi cult come lo specchio Unconscious reflection o l’armadio Entrance to an eternal jardin realizzati per Oldera; una terza vita, appena cominciata, da artista con l’installazione Portal to the Unconscious, all’interno della rassegna Arte al Centro della Fondazione Pistoletto.

Filo conduttore? Ovviamente il nero.

Ilaria Bellomo, Nest Textile. Photo Daniela Grasso

In che periodo senti di essere?

Decisamente un periodo di evoluzione; il mio percorso sta virando da quello di designer, prima di abbigliamento e poi di arredi, a uno più squisitamente artistico.

Tutto parte dalla mia missione, l’esplorazione e lo studio del colore nero, o noir come amo definirlo.

Per me ha connotazioni positive, ha la capacità di mettermi subito a mio agio con la sua voluttuosa complessità. Lavorare con un solo colore non è un limite, anzi, mi spinge a una continua ricerca a livello materico, inconscio, umano e spirituale, ad esplorare tutti gli aspetti.

Ilaria Bellomo, Portal to the Unconscious. Photo Giulio Pierini

Come ti sei avvicinata al mondo della moda?

In realtà non sono mai stata attratta dalla moda in sé, ma dal processo creativo.

Tre dei miei nonni hanno lavorato nel mondo della sartoria, due di loro creavano abiti da uomo e l’altra abiti da sposa couture. È guardando i loro gesti che si è sviluppato il mio amore per la manualità.

Lo stesso amore che mi ha condotta, dopo gli studi classici, al Polimoda di Firenze, dove ho portato a termine la laurea in Design della moda e del tessuto con un focus particolare sulla progettazione e realizzazione dei tessuti.

Finita questa esperienza ho avuto la possibilità di svolgere un periodo di stage da Rick Owens, durante il quale ho imparato davvero tanto.

La mia indole creativa individualista, se così possiamo definirla, mi ha spinto a partecipare al Polimoda Talent con un progetto personale; una vittoria che è stata il primo passo verso la realizzazione del mio brand omonimo, un brand di moda slow, artigianale, fatto di pochi pezzi (tutti noir, ça va sans dire) e di tantissima ricerca.

Ilaria Bellomo, Woven stories. Photo Daniela Grasso

Il tuo percorso è cominciato dalla moda, approdato al design d’interni, e oggi all’arte: com’è avvenuta questa metamorfosi?

Il corpo delle persone è affascinante e complesso, al designer si chiede di valorizzarlo al meglio, ma questa esigenza mi imponeva moltissimi limiti. Allo stesso modo anche un oggetto di design, per la sua specifica funzionalità, mi ha imposto delle barriere che creativamente ti bloccano. È in questa fase di stallo che è arrivata l’arte, una via di fuga salvifica oltre ad una grande passione, libera da imposizioni e restrizioni.

Ilaria Bellomo x Oldera

La tua prima installazione si chiama Portal to the Unconscious, una sorta di portale verso l’inconscio collettivo; come la descriveresti?

Portal to the Unconscious è appena stata svelata all’interno della Fondazione Pistoletto, a Biella, in occasione di Arte al Centro 2023, rassegna di mostre, performance e laboratori.

Questo portale verso l’inconscio collettivo ha come nucleo capi appartenuti ad una delle mie nonne venute a mancare, pezzi risalenti all’epoca vittoriana, oggetti personali, per ricreare un mix di energie unico.

Ho lavorato con tessuti, materiali antichi e tecniche miste tra cui la Nest, lo shibari (antica arte giapponese della legatura), il ricamo, il patchwork.

L’opera rappresenta una fusione, di coincidenze, numeri, elementi archetipici, ricordi e amuleti che si intrecciano in una narrazione al di là del tempo. Il Nero che caratterizza l’opera, diventa un portale metafisico che attrae lo spettatore al suo interno, come implacabile forza gravitazionale dell’immaginazione.

È un invito a intravedere ciò che si nasconde al di là del velo della percezione attraverso gli oggetti che rappresentano una sorta di ponte per l’accesso a strati profondi dell’Inconscio Collettivo.

Ilaria Bellomo, Portal to the Unconscious

Da quali artisti hai tratto ispirazione?

Alcuni maestri come Anish Kapoor, scultore, a livello concettuale lo sento molto vicino per i suoi studi sui colori e la materia (acquisì i diritti per l’utilizzo in campo artistico del famoso “Vantablack”, rimasto fino al 2019 il materiale più scuro conosciuto), Pierre Soulages, pittore e incisore francese, per me uno degli artisti contemporanei più significativi, la sua tecnica e passione sono strettamente legati all’accostamento tra il colore nero e la luce, elementi con cui riusciva a creare intorno all’opera armonia e unicità irripetibili.

Direi anche Lucio Fontana, per le sue rivoluzionarie opere che invitano ad andare oltre anche se, spesso, viene guardato con superficialità.

Cosa ti aspetti dal tuo futuro?

Mi piacerebbe focalizzarmi sul settore dell’arte, in particolare della textile art, trovando una galleria che condivida il mio progetto e soprattutto la mia stessa visione. Mi piacerebbe continuare la mia ricerca sulla connessione tra ciò che è visibile e ciò che è oltre, spirituale e anche approfondire il tema dell’inconscio nelle prossime installazioni, lasciandomi ispirare da mondi lontani, nel tempo e nello spazio.

Per ammirare l’installazione di Ilaria Bellomo:

In occasione della rassegna Arte al Centro 2023, la Mostra Fashion to Reconnection è stata inaugurata il 25 giugno 2023 e sarà visitabile su appuntamento fino a metà novembre.

Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, via Serralunga 27, Biella.

Più informazioni su: https://www.cittadellarte.it/attivita/arte-al-centro-2023

Per scoprire il mondo immaginifico di Ilaria Bellomo: https://ilariabellomo.com/

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